1:35
23 Agosto 2014
Nei primi mesi del 1983, il club scacchistico di Mendrisio (amena località situata nel Basso Ticino e soprannominata "Il Magnifico Borgo") organizzò un seminario di una settimana per i migliori giocatori ticinesi (si, c'ero anch'io e evitate le battute grazie!) con lezioni tenute dal GM cecoslovacco Vlastimil Hort. A quel tempo Hort apparteneva all'élite mondiale occupando il nono posto con 2610 punti ELO. Erano i tempi nei quali questo punteggio valeva ancora qualcosa e si avvicinava molto al reale valore del giocatore. Oggi 2610 sono appannaggio di emerite schiappe. Ugh ho detto. Hort oltre ad essere un grandissimo giocatore era anche (lo è tuttora) un vero gentleman. Lui era Mister Hort e io Mister Branca. Ma non c'era quel distacco quando si dà del LEI a qualcuno. Era semplice rispetto reciproco. Ci insegnò cose sugli scacchi che nemmeno immaginavamo. Dalle aperture al mediogioco e ai finali di Torri e soprattutto di pezzi minori. Le sue conoscenze erano strabilianti. Ci spiegò in modo particolareggiato come pensa un Grande Maestro. La maggior parte del tempo usato per riflettere su una determinata posizione, viene speso facendo dei raffronti tra la posizione raggiunta e quelle che il GM ha nella sua memoria scacchistica (vedi anche Andersson). Sorse spontanea la domanda: "Ma allora quando una posizione non assomiglia a nessuna di quelle registrate nella mente, il GM cosa fa?". Strizzando l'occhio e abbreviando la frase in inglese disse: (traduco in italiano per non incappare in una possibile censura) "Beh, il quel caso sono … amari". Detto sempre in modo gentile e signorile! In verità, ci spiegò, il GM di valore mondiale cerca sempre di preparare l'apertura in modo di arrivare a posizioni a lui conosciute o nel peggiore dei casi (vedi sopra) almeno consone. Quello che più mi sorprese fu la quantità di tempo che i GM di alta classifica dedicano allo studio. Almeno 7-8 ore al giorno e prima di un torneo importante anche 10. Urgh! Ci spiegò che SOLO in questo modo si può raggiungere un alto livello scacchistico. Lo studio, solo lo studio e sempre lo studio. Fece un solo esempio. Con il suo amico Lubomir Kavalek analizzarono una variante della Najdorf per circa 3 settimane. Parlo di una singola variante NON dell'intero sistema. Da brivido. Tutti noi partecipanti ci rendemmo conto dell'abisso che ci separava da simili campioni. Alla fine della settimana eravamo sullo stravolto andante. Prima di partire Hort ci disse: "Vi vedo stanchi. Per NOI questa è semplice routine. E' stato divertente lavorare con VOI. Good luck and God bless chess".
9:48
20 Febbraio 2012
Talvolta, Maestro Branca, si legge nei libri che certi Maestri del passato non si dedicavano troppo allo studio dell'apertura. Mi vengono in mente Capablanca (l'affermazione è di Alekhine, il quale precisava, in questo momento non ricordo se nel libro del Torneo di New York del 1924 o del 1927, che dove realmente era fortissimo fosse il Mediogioco, non il Finale)... ma Capablanca appartenne a un'epoca dove il professionismo cominciava a delinearsi, credo. Nessuno fraintenda: non sto dicendo che non prendesse il gioco sul serio. Voglio solo dire che non riteneva necessario, perché forse ancora non lo era, prepararsi scientificamente, come faceva un Fischer o uno dei top GM di adesso. Poi ci capita di leggere una cosa similue proprio dello storico avversario di Fischer, Spassky. Talvolta si legge qualcosa di simile anche a proposito di Petrosian (anche il Maestro Tarascio cita un episodio in cui è Petrosian stesso a dire che sia col Bianco che col Nero, in una stessa posizione, stava comunque meglio del suo avversario...perché era più forte in Mediogioco!). Dunque, chi più chi meno, i GM sembra che dedichino la maggior parte del loro tempo allo studio del Mediogioco (posizioni tipiche). Statisticamente infatti i libri più numerosi in assoluto sono quelli sull'Apertura, diversi ce ne sono sul Finale, ma sul Mediogioco ce ne sono pochissimi (fatta eccezione per le raccolte di partite commentate, come Zurigo 1953 di Bronstein e Le mie migliori partite di Alechine, che di Mediogioco ne parlano eccome!).
10:48
30 Novembre -0001
Ai tempi di Nimzowitsch ed Alekhine, si era più interessati a scoprire le Regole degli Scacchi, i Principi generali sottesi al mediogioco. Oggi, si tende di più a rivolgere la nostra attenzione ad un altro campo di ricerca: COME trovare la mossa giusta? In pochi minuti, in torneo, questo è il vero problema! E la risposta trovata è stata: "Devi modificare il tuo system of thinking, il tuo modo di pensare". E su questo campo di ricerca siamo ancora in una fase non standardizzata. Ma sicuramente molto è stato scoperto, come dimostrato dall'abbassamento dell'età dei giocatori titolati.
12:14
23 Agosto 2014
Caro Leonardo, è vero! La sensazione è sempre la stessa. Quella cioè che i forti GM o i GM in generale, studiano le posizioni e della sequenza che porta a quel determinato tipo di posizione che loro ritengono favorevole non gliene frega quasi nulla. Bobby Fischer non studiava libri di apertura o del mediogioco o dei finali con particolare costanza. Riproduceva soprattutto sulla scacchiera partite riportate dalle riviste scacchistiche. Il 90% dei suoi "libri" erano riviste (che oggi malauguratamente stanno scomparendo). E una cosa devo dirla, anche se mi scavo una fossa nel più profondo dell'inferno (che tanto non esiste quindi non me ne importa un fico secco). Il libro di Bronstein è interessante per quanto riguarda alcuni aneddoti e alcune idee sulle aperture, ma riguardo al trattamento e ai commenti del mediogioco è un libro PESSIMO! Lo stesso vale, concordo in questo col maestro Tarascio, per il Mio Sistema di Nimzowitsch. Una tavanata galattica (Fantozzi). Bene vado a chiedere perdono inginocchiandomi sui ceci secci a Caissa (RiFantozzi).
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